lunedì 1 gennaio 2018

Botti di Governo

Bologna per la pace, in via dell'Indipendenza (1 gennaio 2018)

















«Bombe italiane, morti yemenite»: così il titolo in prima pagina del New York Times e sette minuti di reportage video on-line sulla vendita all’Arabia Saudita di armi prodotte in Italia, in Sardegna dall’azienda RWM, su licenza della società proprietaria, la tedesca Rheinmetall Defence.
Il prestigioso quotidiano americano ha cercato tra le macerie delle case bombardate la traccia dei carichi di morte che partono dall’Italia, visto che le bombe della serie MK8, sono identificabili dalle matricole A4447: una traccia che ha ritrovato in 5 attacchi in Yemen contro i ribelli sciiti Houthi. 
In un raid una bomba italiana ha centrato una casa sterminando un’intera famiglia che dormiva.
Il governo italiano degli ex pacifisti Pinotti - Gentiloni – più volte in visita d’affari dai petromonarchi a Riyadh – un pò infastidito ha malamente risposto dalla Farnesina: «Abbiamo già fornito chiarimenti – è stata la sprezzante reazione – l’Italia osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito ONU o UE. L’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea».
Incredibile. 
Anche per un governo che, pur uscendo di scena, prepara una missione militare in Niger. E che a quanto pare «non conosce» i termini della legge italiana 185 del 1990. Che, oltre a vietare le forniture di armi a paesi sottoposti a misure di embargo, le proibisce anche ai «Paesi i cui governi violano i diritti umani in modo accertato dai competenti organi dell’Onu, dell’Ue o del Consiglio d’Europa». E che i rapporteur dell’ONU in Yemen hanno certificato al Consiglio di sicurezza con vasta documentazione l’uso da parte dei jet sauditi di ordigni fabbricati dalla RWM Italia per bombardare zone civili, tanto da costituire «crimini di guerra».
Ma il traffico di morte che ha provocato finora in Yemen quasi 14mila morti, non si fermerà, anzi la fabbrica sarda è pronta al raddoppio. 
Eppure Il Parlamento europeo con tre risoluzioni ha chiesto di porre l’embargo a Riyhadh; l’ONU già con Ban Ki-moon ammise le pressioni dell’Arabia saudita; Obama sospese le forniture che Trump rilancia con vigore; e la Germania ha contraddetto la ministra Pinotti sulle responsabilità dell’Italia. Che, certo non sola nel mercato bellico, fonda la sua crescita sulle esportazioni di armi. Un Made in Italy da «brava gente», come per le imprese coloniali. Anche se un merito c’è: le denunce dei pacifisti di Opal e Rete Disarmo hanno reso possibile il reportage del New York Times.
Intanto viene davvero da ridere o piangere – fate voi – di fronte all’allarme, alle premure e ai moniti delle forze dell’ordine e perfino del governo sui botti pirotecnici di fine anno.
Mentre va tutto bene, anzi «siamo in regola», sui «botti» di fine d’anno veri, quelli dei raid che anche con le nostre bombe uccidono ogni giorno i civili in Yemen. 
Buone feste.

Tommaso Di Francesco, il manifesto, 31 dicembre 2017


Pacifisti bolognesi in Piazza Nettuno (1 gennaio 2018)
















Ecologisti pacifisti tra gli organizzatori ed i partecipanti della manifestazione (1 gennaio 2018)

Il regista Lorenzo K. Stanzani (Pace, quel discorso di Lercaro che gli costò la Curia)
ed il Presidente Romano Prodi in Piazza Nettuno (1 gennaio 2017)


9 commenti:

  1. Parlando dei "botti" di Capodanno non dimentichiamo quelli in Iran, un paese sottoposto ad una dittatura di fondamentalisti religiosi: con morti, feriti ed arresti.
    PD-mda

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  2. ..... Nonché l'ultima minaccia del nordcoreano Kim: tengo sul tavolo il comando delle testate nucleari.
    PD-mda

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    1. Giusto, non dimenticare.
      L'Iran e la Corea.
      Sbagliato fermarsi ai tweet.
      Occorre approfondire, provare di capire, dialogare e modificare un mondo che, così com'è, non vive bene e non dà prospettive interessanti per molti.
      Nessuna nostalgia per l'Iran dello Scià o di Ahmadinejad. E impegno comune contro le ingiustizie sociali ancora presenti ed i diritti umani ancora elusi.
      Occhi aperti sul contesto di conflitti politici e di potere nell'area. Sulle guerre in corso, dallo Yemen alla Siria? Sulla situazione in Turchia, in Arabia e in Egitto. Sulla questione Curda e su quella Palestinese?
      E' certo che alla pratica delle minacce e del riarmo generalizzato occorre rispondere con iniziative di pacificazione e di disarmo; con iniziative politiche, con disponibilità a concordare interventi di interposizione (come in Libano) che garantiscano diritti universali e cooperazione ad uno sviluppo sostenibile.
      Altro rispetto all'orientamento politico e militare dell'Amministrazione Trump (che riconosce unilateralmente Gerusalemme capitale di Israele) e di altri uomini di Governo europei, medio-orientali o asiatici.
      Quanto all'Estremo Oriente, per cominciare, massimo sostegno al dialogo ed alle trattative tra le due Coree.
      Gianni


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  3. Le foto rappresentano bene persone di buona volontà che chiedono una coerenza che i nostri governi non hanno. Ma mi sembrano sempre una minoranza. I più restano scettici e confusi. In difficoltà a prendere parte nei tanti conflitti in corso. Alla ricerca di lavoro che si accetta anche quando servono per produrre armi.
    Tempi difficili.
    Buon anno.
    L.

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    1. Sicuramente, tempi difficili.
      L'interesse e la partecipazione debbono crescere. Guai delegare a pochi le grandi decisioni sul comune futuro.
      Il lavoro? E' un diritto costituzionale, da orientare verso fini sociali e civili. Le Istituzioni hanno questa fondamentale funzione: orientare lo sviluppo delle comunità.
      Se prevalgono solo gli interessi privati non c'è speranza.
      Gianni

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  4. Buon anno!
    A me pare che sia sempre più difficile scegliere una parte dei contendenti: l'Iran degli ayatollah o l'Arabia dei monarchi Saud, l'America di Trump o la Nord Corea di Kim, la Libia di una fazione o dell'altra ...... e si potrebbe continuare.
    Quindi vendere armi oggi è vendere armi oggi. Come dimostrano anche Iraq, Afganistan e Siria ........ e tanti altri.
    Infine. Se le armi non le produciamo in Sardegna o a Brescia, lo si farà altrove ........ con ingegneri e operai meccanici dell'Est o del Nord Europa, con asiatici o africani ......... Scelta libera, libera scelta?
    Antonio


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    1. Certo. Libera scelta, quella di uno sviluppo alternativo. Un Mondo con meno armi è più sicuro. Quindi una priorità assoluta è fermare le guerre, i conflitti, il riarmo. E produrre meno armi e più alimenti, prodotti o servizi sani e in grado di soddisfare le grandi domande sociali esistenti.
      Il tema della riconversione pacifica ed ecologica è la principale sfida che abbiamo di fronte. In Italia, in Europa, in ogni continente.
      Per questo dobbiamo e possiamo fare tutti di più.
      Gianni

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  5. Viva i Prodi e fieri pacifisti.
    Chi ben comincia è a metà dell'opera ......
    Buon anno!
    s.

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